1968: l’imagination au pouvoir; 2008: le pouvoir sans imagination

Non so in Italia, ma qui in Francia documentari, servizi televisivi, talk show con testimoni dell’epoca, sul fatidico Maggio 1968 non si contano più. In fondo è plausibile, il Maggio 1968 ha inciso dei segni profondi in una società che aveva decisamente bisogno di uno scrollone. Lo ha avuto, questo è sicuro.
Mai68

E’ uscito un film in TV da queste parti, “Les vacances de Clémence”, che parla del percorso dell’emancipazione femminile attraverso le frustrazioni di una giovane casalinga in una famiglia piccolo borghese nel ’67. Il film mostra come tutte quelle cose che diamo per scontate, noi donne, la pillola comprata in farmacia con la stessa naturalezza con cui si compra l’aspirina, la libertà di scegliere se fare la zitella a vita o fare tanti figli quanto una squadra di calcio senza ripercussioni morali, fare le candidate per la Presidenza e prendere il 47%, sono arrivate prima o dopo grazie a quel ’68 che il nostro Presidente disprezza tanto.
Per me il ’68 rappresenta una sola, grande realtà: è l’anno in cui sono nata. E’ un numero che sento mio, come la taglia dei pantaloni od il numero di scarpe.
Mi sono spesso domandata se la mia persona reca in se’ un segno tangibile di questo anno di cui ancora si parla. I miei atti, le mie convinzioni. Le mie parole.
Credo proprio di si. Dei piccoli impercettibili segni che sono solo miei, impossibile identificarli dall’esterno.
Quando ero piccola, era una tara insopportabile. Il ricordo del “bordel” di boulevard Saint Germain 3jcapjx31mcavnaxnicaukwxhgca44z72gc

era ancora fresco e tangibile anche agli occhi di una bambina. I maestri delle elementari, quando il baccano che facevamo in classe superava i decibels accettati dalla sopravvivenza umana, ci dicevano “siete la peggiore classe che mi sia capitata. Non per niente siete dei sessantottini”. Già, ma noi nel ’68 eravamo solo nati, non lo avevamo “fatto”. Volendo analizzare bene, nemmeno le nostre madri erano delle Sessantottine, donne che avevano passato parte del ’68 andando in giro con “le bidon”, il pancione, le barricate casomai le evitavano con cura, confezionando all’uncinetto completini bianchi o giallini, all’epoca non c’era l’ecografia ad indicare di quale colore confezionarli.
Questo ritornello, sei nata nel ’68 ergo sei nata per fare casino, me lo sono sentita ripetere per tutti gli anni scolastici francesi. In Italia meno, come sei il ’68 fosse stato un fenomeno limitato all’Esagono. Ma allora, storici, sociologi, testimoni, tutti mi hanno mentito. Se l’erano inventato questo Sessantotto, solo per dare una possibilità ai nostri insegnanti di rinfacciarci la nostra esuberanza giovanile in maniera originale.
Ma che cosa mi è rimasto, insomma, di questo Sessantotto?
Non certo i metodi, non mi piace la gente che urla, ma lo spirito, quello si.
Il credere che sia possibile realizzare qualcosa che fino a quel momento non esisteva. Pensare che ogni uomo vale quanto un altro e che si ha il diritto ad una vita dignitosa qualunque sia l’attività che si svolge per portare a casa il pane. Questo è quello che ho estrapolato dal ’68. Come in una storia d’amore finita, in cui si tende a salvare i tramonti sul mare e non i battibecchi all’Ikea.
Ma con cognizione di causa ed il senno di poi, il ’68 è degenerato. Già, un po’ come proclamare l’uguaglianza e la fratellanza e tagliare la testa a Maria Antonietta. Abbiamo proprio il vizio.
Una rivoluzione è una rivoluzione. E’ fatta dagli uomini, non puo’ essere perfetta. Fa male, sbaglia, grida. Ma cambia. E’ il suo scopo. Gli immediati effetti del 14 Luglio sono stati devastanti, ma ha permesso la nascita di una repubblica che ormai non si poteva più rimandare. Con qualche sbandamento e qualche Napoleone di troppo, ci ha portato alla costruzione di questo Stato cosi come lo conosciamo oggi. Perfettibile, certo, ma non è poi tanto male.
Anche nel ’68, sicuro, c’è stata una rivoluzione. Una vera rivoluzione borghese. Ci siamo arrivati alla parità di opportunità. Come no. Gli operai hanno in casa lo stesso televisore al plasma che hanno i dirigenti, mandano i figli a scuola vestiti allo stesso modo. Lascia perdere che gli operai si ammazzano di cambiali (molto meno in Francia che in Italia, a dire il vero). Un dettaglio. Pare che il benessere si misuri con gli oggetti posseduti.
E hanno la stessa probabilità di morire sul lavoro. Anzi, e qui in Francia ci siamo superati, muoiono molto di più i dirigenti che gli operai, perché i secondi sono protetti dalle 35 ore, almeno, i dirigenti non hanno nemmeno questa possibilità, e si suicidano regolarmente perché non ci stanno dentro, come succede in Renault da qualche tempo.

Certo, lo avuto la società francese il suo bel scrollone, con De Gaule che si era andato a rifugiare a Baden Baden dall’amico Massu per non prendersi un sanpietrino in testa. Coerente con se stesso, almeno. Ma le urla da cui fuggiva e che tutto il mondo ha udito, stavano designando la fine di tutto cio’ che le persone come lui avevano rappresentato per la Francia. Una Francia, a dire il vero, in cui non mi sarebbe piaciuto vivere.

Olivier Besancenot è un Sessantottino a modo suo, anche se, come me, è nato a cose fatte. Pero’ ci crede. Crede che il Sessantotto sia ancora vivo, che ci siano ancora tante cose da cambiare in questo Paese e che sia possibile farlo. La sua esistenza in vita mi commuove. Un po’ come il protagonista di “Goodbye Lenin”, attraverso lui mi creo l’immagine di un Sessantotto che forse non è mai esistito, ma che mi piace tremendamente. Che mi sembra meravigliosamente giusto.
Insomma, questo Maggio ’68: un compleanno festoso o una ricorrenza nefasta? Ai posteri l’ardua sentenza. Io faccio parte dei posteri, ma non sono capace di emettere sentenze. Di sicuro, un giorno, quando l’ultimo lanciatore di sanpietrini si sarà estinto, quando anche quelli che sono nati nel Sessantotto non ci saranno più, si smetterà di parlarne. Ed allora bisognerà rifare il palinsesto di Maggio di TF1, France 3 e di Arte…Images

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21 Responses to 1968: l’imagination au pouvoir; 2008: le pouvoir sans imagination

  1. Pim says:

    Sul ’68 si può dire tutto e il contrario di tutto. Io avevo tre anni, giocavo con le automobiline e facevo a pezzi i giornalini di Topolino: personalmente, di più non so.
    In Italia finora non se n’è parlato molto, ma con la Destra al potere (che di immaginazione ne ha ben poca, al massimo la usa per nominare ministro Mara Carfagna) prevedo un severo revisionismo. Invece, volenti o nolenti, siamo tutti figli di quell’anno. Non parlo solo delle conquiste sociali o della cultura: parlo della mentalità, del modo di vedere le cose, di affrontarle. Forse è esagerato definire quel periodo uno spartiacque, però certamente ha costituito un brusco salto in avanti verso il futuro.

  2. Fino says:

    Da noi di 68 si parla poco. Questo 40° anniversario sta passando sotto silenzio, lo stsso sta avvenendo a Praga e là il 68 fu una tragedia.
    Forseoggi possiamo dire che politicamente il 68 fu un fallimento ma socialmente fu un punto di non ritorno. Femminismo,conquiste sociali, una nuovo rapporto tra i sessi:tutto parte da lì.
    Fu una stagione di “astratti furori”? Può darsi ma questo non toglie che da quell’anno tuto fu diverso.
    Buona giornata
    Fino

  3. Fino says:

    Da noi di 68 si parla poco. Questo 40° anniversario sta passando sotto silenzio, lo stsso sta avvenendo a Praga e là il 68 fu una tragedia.
    Forseoggi possiamo dire che politicamente il 68 fu un fallimento ma socialmente fu un punto di non ritorno. Femminismo,conquiste sociali, una nuovo rapporto tra i sessi:tutto parte da lì.
    Fu una stagione di “astratti furori”? Può darsi ma questo non toglie che da quell’anno tutto fu diverso.
    Buona giornata
    Fino

  4. Hola Patricia! non ho una grande opinione del 68, sono nata l’anno prima e ne ho visto solo le conseguenze. Pare che uno degli slogan di quell’anno fosse la fantasia al potere e quando loro sono andati al potere il risultato è stato che per la prima volta nella storia, in un periodo di pace, la generazione dei figli vivrà peggio di quella dei genitori (i 20enni di allora sono al potere adesso, non ai tempi delle conquiste sociali, approvate in Parlamento dall’attuale generazione di 80enni).
    La considero la generazione più narcisista, egocentrica, cinica e inutile della storia, impegnata sempre a giudicare le altre generazioni, precedenti e seguenti, senza prendere atto dei propri fallimenti e incapace, nel suo narcisismo, di lasciare una volta per tutte la scena.
    Detto ciò, valido sia a destra, dove si sono venduti a un tycoon di probabili rapporti mafiosi, che a sinistra, dove non sono in grado di avere un’opinione senza “il problema è un altro”, e precisando che soy una chica di sinistra che non ha paura di definirsi socialdemocratica (mentre tanti comunisti di allora non hanno neanche il coraggio della propria storia e sono diventati più dorotei dei democristiani che tanto volevano combattere), veniamo a noi! 🙂
    sei stata nominata per una nuova catena, divertente, te lo prometto. Le istruzioni sono qui
    http://rottasudovest.blog.lastampa.it/rotta_a_sud_ovest/2008/05/personaggi-c-in.html
    ciao!!

  5. luigi says:

    Non c’è bisogno di aggiungere molto altro a quanto hai scritto, Patricia, se non che il 68 ha anche aiutato un metodo: qello di riflettere e se del caso mettere in discussione argomenti ritenuti “vangelo”. Il 68 l’ho vissuto, ho visto anche troppo che avrei volentieri evitato. E nel tempo, qui, ho visto corrompersi quello spirito innovatore, quell’ansia di cambiamento, quella ricerca di valori positivi che proprio del 68 sono figli. In questo paese dei fascistucoli neppure ben mimetizzati spregiano il 68 accusandolo di aver annullato il concetto di “autorità”. Essendo fascistucoli e/o bigotti non capiscono che loro parlano di autorità come la intendono, cioè autoritarismo e conformismo indotto a suon di televisione e pochezza.
    Se avessi qualche anno in meno andrei via con i miei figli al seguito.
    luigi

  6. Grazie per i vostri interventi, che aumentano la mia perplessità circa “la mia sentenza”. Ma il mio intimo Sessantotto rimane mio e rimane intimo.
    Grazie a tutti.

  7. elle says:

    Patricia, bravo pour ton post, je le trouve très beau et aussi tellement juste. 68 a été surtout un beau reve, croire que tout est possible, que l’on peut changer le monde avec quelques pavés jetés avec l’idée que tout peut changer, une belle utopie, un peu romantique; Les slogans étaient alors “sous les pavés la plage” ou “il est interdit d’interdire” Une révolution culturelle, idéaliste, pas de tete tranchées, meme si quelques unes sont tombées. tu écrit et décrit si bien cette aventure qu’il n’y a rien a ajouter. J’aurais été incapable d’écrire cela comme tu l’as fait. Et puis ton avantage est d’etre a moitié italienne ou a moitié française..La seule objection est pour les acidents du travail, dommage en italie où les institutions ont si peu de poids, pas d’inspecteur du travail, les ouvriers ont moins de droit qu’en france, il en meurt beaucoup plus. Héritage de cette révolution qui en italie n’aura pas changé tant de chose. En Sicile par exemple lorsque je parle d’inspecteur du travail, on se contente de sourire, j’ai parfois l’impression d’arriver d’une autre planète. J’espère qu’un jour Paricia on pourra se rencontrer, en Sicile par exemple….tu sais que je fais partie de la noble association de “couchsurfing” j’offre une chambre gratis (la gratuité è un concept un peu revolutionaire..) en attendant je claque deux grosses bises sur tes deux joues et te dis bravo. Sei grande

  8. Gentile Patricia;
    Il 68 è un periodo che rimane tuttora vivo anche dalle mie parti.
    Basti pensare che proprio in questo periodo il Circolo dei Lettori ospita una mostra sui manifesti del 68 e una serie di convegni legati ad esso. Non ho legami personali con questa età poiché appartengo ad una generazione successiva che presenta caratteristiche decisamente diverse perché differente è il quadro socio economico all’interno del quale essa si barcolla.
    Tuttavia ho avuto modo di confrontarmi anche in maniera piuttosto agguerrita con ex sessantottine.
    Penso ad esempio alla mia professoressa di lettere delle superiori o ad una mia ex responsabile. Entrambe piuttosto critiche sulla mia generazione considerata ingiustamente “passiva e inattiva”. Credo che un opera di paragone tra le due generazioni non si possa fare. Perché per usare un esempio calcistico sarebbe come paragonare Pelè con Maradona. Chi è stato più forte dei due? E difficile dirlo, il calcio è profondamente cambiato nel periodo che è trascorso tra l’ evento dell’uno e dell’altro. E ogni paragone sarebbe insensato.
    Marco Patruno

  9. La gratuité c’est beaucoup plus qu’un concept révolutionnaire, est un geste de courage ! Bravo à toi ! Quant à moi, je vis dans un studio, mais mon canapé est très confortable 😉
    J’ai beaucoup réfléchi à tes mots, tu as raison, Italie et France ne se ressemblent guère quand il s’agit de progrès social. Au fait je crois que les deux 68, le français et l’italien, ont été si différents l’un de l’autre car la ressemblance entre les deux peuples se borne à l’amour pour le bon vin et la bonne bouffe… Mais t’as vraiment fait mouche quand tu parles du rêve que 68 a su représenter. C’est bien cela ce qu’il me reste de ce Mai 68. Les rêves. Merci pour ton commentaire, me donne beaucoup d’envie de continuer à écrire….
    Hai ragione, Marco, non si puo’ fare un paragone fra generazioni, è stupido farlo. Detesto quelli della mia età che dicono “Si ma noi non eravamo cosi passivi, eravamo più svegli”, dimenticandosi che, essendo nati nel ’68, siamo stati teenagers negli edonistici anni ’80, anni più superficiali di quelli…Per certo, le risonanze del ’68 francese sono state amplificate da una situazione insostenibile che gridava a voce alta di essere cambiata. Per questo, giusto o sbagliato che sia, mi viene facile paragonare il Maggio 68 alla Rivoluzione Francese. Grazie per il tuo intervento.

  10. zazie says:

    <patricia
    j'ose entrer 2 fois pour commenter…quelle audace..c'est vrai que ton post a quelque chose de plus que peut etre tant de français n'ont pas su analyser avec ta lucidité. Appartenir a deux cultures et avoir su en retirer le meilleur, surtout avoir su l'exprimer comme tu le fais me laisse un peu songeuse, j'en aurai été incapable. Tendresses
    p.s. merci pour ton si joli commentaire

  11. zazie says:

    Oups et la fete continue, oui troisième comment, quand on aime on compte pas. mais dis moi, c’est pour quand ton prochain post….petite paresseuse

  12. zia elena says:

    Scusa, Patricia, sono fuori tema.
    Sei stato nominata per l’ennesima catena.
    So che non ti piacciono, ma questa potrebbe essere piacevole.
    Se vuoi dai un’occhiata al mio blog.
    Ciao.
    Zia Elena

  13. ciao Pat, una offtopic… dove sei? che fai di bello? è un mesetto che non scrivi, ti ho visto in un paio di commenti al volo da amici. Spero vada tutto bene. Quando ti gira l’uzzolo, fatti viva!
    ciao, a presto,
    HP

  14. Iniziano ad esserci interessanti novità
    su GenerazioneP

  15. zia elena says:

    Cara Patricia,
    sono riuscita a pubblicare il post sul viaggio a Sri Lanka.
    Immagino che anche tu sia presa, perchè è un po’ che non scrivi.
    Sai che ti leggiamo sempre volentieri!
    Un abbraccio.
    Elena

  16. Fino says:

    Patricia, ti ho invitato a partecipare a un simpatico meme poetico.Naturalmente non sei obbligata.
    Buona serata
    Fino

  17. D'IO says:

    …ma che fine hai fatto???????? 🙂
    buone vacanze!

  18. zia elena says:

    Ciao, Patricia.
    E’ un po’ che non ti si legge in giro.
    Tutto bene?
    Un abbraccio.
    Zia Elena

  19. elle says:

    Patricia
    Comment vas-tu ?
    Tu n’es plus là depuis quelque temps et tu nous manques..a bientot
    baisers

  20. D'IO says:

    Come vorrei tornasse il 68!!!…Avrei solo 10 anni!!!!!!!;) ben ritrovata! ciao Patricia 🙂

  21. Soma drug. says:

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