8 Maggio, 1 Promenade, 6400 Cinesi

Mi sto occupando delle operazioni di un incentive per 6000 Cinesi su Nizza, mi dice qualche settimana fa una mia amica che lavora negli eventi.                                                – Un incentive per 6000  persone ?? Ma è una follia! ho esclamato.  E chi è il folle che paga per una cosa del genere?

Ieri, ho visto un’onda di Cinesi, tutti con la stessa maglietta color azzuro Benetton-Renault, dilagare nelle vie della Nizza vecchia e allora ho capito.                                                Il folle in questione si chiama Li Jinyuan, è il presidente del gruppo Tiens e non è poi così folle.

Offrendo un soggiorno-incentivo in Francia ai suoi commerciali, fra cui un fine settimana a Nizza, ha creato un evento mediatico che rischia di entrare nel Guinness dei Primati per non uscirne più.

Prima di sparpagliarsi nella Nizza Vecchia, i dipendenti di Li Jinyuan sono arrivati in massa sulla Promenade e, sistemandosi su dei punti di riferimento segnati al suolo, hanno formato la più lunga frase umana mai vista dal cielo.

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E, visto che Li Jinyuan ha scelto l’8 maggio (Festa della Vittoria, che celebra la fine della Seconda Guerra Mondiale, ndr) per il suo incentive, si è pure concesso il lusso di sfilare sur una Jeep americana.

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Le ripercussioni economiche di tale operazione sono stimate fra i 13 e i 20 milioni di euro. Sono state prenotate 4 760 camere d’hotel 4 e 5 stelle fra Cannes e Monaco a cui si aggiunge l’affitto di una sala con 10 schermi giganti per una convention e l’impiego di 146 bus per gli sportamenti.

Areva diventa cinese ?

Due giorni fa, ho letto su Le Monde che Areva, a causa di scarsi risultati, sopprimerà in un futuro prossimo fino a 6000 posti di lavoro, dei quali 4000 in Francia. E non è un segreto che Areva faccia venire l’acquolina in bocca ai Cinesi.

Il primo ministro, Manuel Valls, l’ha detto in Gennaio, durante una sua visita in Cina : il governo è favorevole all’apertura di un nuovo capitolo della storia dell’energia nucleare franco-cinese. Dovrà essere in grado di contrattare delle solide contropartite, come l’accesso ad una ampia fetta del colossale mercato cinese.

Il che, tradotto, significa : non solo non siamo più capaci di trarre partito da ciò che sappiamo fare meglio, dopo Alstom rischiamo di svendere Areva. Ma per fortuna ci sono i Cinesi a darci delle lezioni di capitalismo di alto livello.

Ho pensato a quella notizia ieri, guardando l’onda cinese riversarsi nella Nizza Vecchia. Forse Li Jinyuan assumerà le 6000 persone licenziate da Areva per poter organizzare un incentive per 12 000 persone l’anno prossimo ?

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L’Eau d’Azur

Miei cari concittadini,  penso che voi tutti abbiate scorto, nei vari supporti di comunicazione, l’immagine qui sotto.

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Per tutti i non-autoctoni che pensano che l’immagine in questione sia la pubblicità di una nuova marca d’acqua minerale, mi tocca deludervi.

Anche se il marchio commerciale “Eau d’Azur” è stato effettivamente depositato, di altro non si tratta se non dell’ennesima idea geniale del Comitato delle Feste nizzardo per annunciare che la gestione della distribuzione d’acqua nelle case del comune di Nizza – dopo Beaulieu sur mer, Cap d’ail, Eze, Villefranche sur mer e 28 comuni dell’Entroterra e delle Prealpi nizzarde –  passa nelle mani di Eau d’Azur, ovvero nelle mani della Métropole (= ente di cooperazione inter-comunale delle Alpi Marittime).

L’evento è annunciato attraverso una vera e propria campagna pubblicitaria corredata da una grande dovizia di argomenti commerciali. Sul sito www.nicecotedazur.org si legge (la traduzione non ha intaccato lo stile, ndr):

Da ora in poi, la bolletta sarà più equa, e questo restituirà potere d’acquisto alle famiglie, alle persone sole e che si trovano in difficoltà finanziarie.

Nel dettaglio, 88% degli abbonati nizzardi alla Gestione Eau d’azur constateranno una riduzione delle loro fatture d’acqua. Tuttavia, questa riduzione dipenderà dal loro consumo reale. Per un abbonato che consumi 120 m3 d’acqua, la riduzione sarà del 14%.

I prezzi di costo al metro cubo d’acqua potabile sono adattati alla categoria di utilizzatori che si tratti di famiglie o di grandi consumatori, rendendo la tariffazione dell’acqua più equa.

Ma il Comitato delle Feste della Métropole non ha certo finito di sorprenderci. Altre grandi “labellizzazioni” sono in cantiere:

La Pissaladière d’Azur.

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La constatazione è geniale nella sua semplicità: le cipolle di Nizza non sono come le altre cipolle. Ma visto che lo sappiamo solo noi e che non possiamo contare su un marchio DOP, perché non mettere un bel label per proteggere il più fulgido prodotto delle nostre cipolle?

La Pissaladière d’Azur sarà un prodotto di lusso. Basta con la sua distribuzione in posti economici come Socca’Tram o Chez Tintin dove i clienti sono accolti con il sorriso e dove si può mangiare bene e senza rovinarsi! La Pissaladière d’Azur sarà servita unicamente nei ristoranti più esclusivi di Nizza e delle mostre dedicate saranno presto allestite: per vedere la Pissaladière d’Azur bisognerà pagare l’ingresso. Un po’ come per il Carnevale: fatto dai Nizzardi ma inaccessibile alla maggior parte dei Nizzardi.

La Police d’Azur.

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Amichevole e sorridente ma incorruttibile, la Police d’Azur sarà capace di far fronte ad orde di canaglie che calpestano il prato della Promenade du Paillon e di dare filo da torcere a tutti coloro che passeggiano nell’avenue Jean Médecin in tenuta dismessa.

Le loro biciclette saranno dotate di sirena e delle splendide biciclette elettriche saranno conferite agli agenti che avranno compiuto atti meritori.

L’idea di trasformare la polizia municipale in Police d’Azur arriva dalla constatazione che si fa vedere sempre più spesso nei luoghi frequentati dai turisti e sempre meno nei quartieri popolari dove delle situazioni di impunità si sono ormai cristallizzate – anarchia totale del parcheggio con auto parcheggiate in doppia fila, sulla pista ciclabile, lungo Borriglione o piazza Garibaldi (che dovrebbero essere pedonali); recrudescenza di furti con scasso; disturbo della quiete pubblica senza moderazione; vendita di sostanze stupefacenti per la strada; nessun intralcio alla libertà di espressione degli ubriachi sul magnifico nuovo piazzale della stazione centrale.

Il pragmatismo del Comitato delle Feste ha dunque deciso di adattare il prodotto al target. Poiché i turisti sono i soli a vedere i vigili, molto meglio migliorare la loro immagine in questo senso. Nasce così Police d’Azur.

E per i Nizzardi che vivono nei quartieri popolari? Insomma, non è che la Métropole possa fare tutto lei!

Eau o Ô d’Azur? L’omofono della controversia.

{2EACA6D1-48FE-4F47-A12B-6ABECB330B24}_azur225Una nota casa cosmetica è stata chiamata in causa per plagio.  Pare infatti che tale marca abbia utilizzato la denominazione Eau d’Azur per la commercializzazione di uno dei suoi prodotti.

 “Niente affatto – commenta il Presidente della casa cosmetica – il nostro profumo esiste dal 2010, siamo arrivati prima noi! E’ la Métropole ad avere rubato il nome!”

“Gli interessi privati non arrivano mai prima delle istituzioni pubbliche. Questo non solo è un plagio, ma pure diffamazione: l’Eau d’Azur è perfettamente incolore ed inodore” replica la Métropole.

Aspettiamo con ansia gli sviluppi della vicenda…

 

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Il Carnevale di Nizza

Mi rendo conto solo ora che non ho mcarnaval-2015ai parlato del Carnevale di Nizza nel mio blog. Forse perché mi è difficile sopportare le tribune gigantesche che deturpano la place Masséna ed un lungo tratto della la Prom’, per non parlare delle interruzioni al servizio di trasporti pubblici durante le sfilate ed eventi vari. Per tre settimane, la mia bella città è in preda al caos.

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Malgrado ciò, i Nizzardi partecipano con entusiasmo ai preparativi del carnevale: sbirciano quello che succede Maison du Carnaval, il laboratorio situato nel quartiere del Porto dove i carri ed i colossali personaggi sono costruiti da sapienti artigiani, volontari in gran parte; festeggiano il passaggio del Re del Carnevale che per primo esce dall’hangar dov’è nato per recarsi in place Masséna, dove rimarrà fino alla fine del carnevale.

648x415_dans-les-coulisses-des-pra-c-paratifs-de-carnaval-2015Una cosa è certa, i Nizzardi hanno un legame affettivo con il loro carnevale la cui esistenza è attestata sin dal 1294. Si riferisce che in quell’anno, il conte di Provenza, Carlo II d’Angiò, venne a trascorrere “le festività del Carnevale nella sua cara città di Nizza“. Certo è che doveva essere esistito prima di quella data poiché l’origine del carnevale si perde nella notte dei tempi.

Dai Saturnali alle Baccanali dell’antica Roma fino ai Sacri di Babilonia, la storia dell’uomo è costellata di festività il cui scopo era di esorcizzare la paura delle tenebre e della morte, in cui ogni eccesso era permesso e l’ordine sociale invertito, una zona franca in cui era possible di liberarsi dalle costrizioni sociali e dalle regole morali.

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Per tornare al nostro caro Carlo II, deve aver visto la città in preda ad un momento di follia collettiva affidato totalmente alle ispirazioni dei Nizzardi che, travestiti, si tiravano addosso uova e farina per le vie di Nizza.

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La Chiesa, manco a dirlo, condannò le manifestazioni carnevalesche. Poi, visto che malgrado anatemi ed scomunicazioni varie non riusciva ad impedirle, se ne impossessò, facendo del carnevale una festa cristiana – come fece con altre feste pagane – e fu così che il carnevale venne esteso fino al Mercoledì delle Ceneri. Se non altro, così facendo il Carnevale ha preso una connotazione più spirituale grazie alla dicotomia fra l’essenza carnale dell’uomo – rappresentata dal carnevale – e la sua spiritualità – rappresentato dalla Quaresima.

Al Rinascimento, influenzato dal Carnevale di Venezia, dei balli in maschera venivano organizzati nelle vie della Nizza Vecchia – ma all’epoca non era punto così vecchia!

Nella seconda metà del secolo XIX, con l’elezione di Nizza a “capitale della villeggiatura invernale“, delle sfilate incominciarono ad essere organizzate nel Cours Saleya, cuore della vita mondana dell’epoca.

Verso il Carnevale moderno.

Nel 1830, un corteo venne organizzato in onore di Carlo Felice di Savoia e consorte, Maria Cristina di Borbone-Napoli.

Nel 1871, la Comune di Parigi semina il terrore fra i ricchi villeggianti di Nizza, quasi tutti rampolli di nobile schiatta. Allora la città crea nel 1873 il Comitato delle Feste il cui scopo era di promuovere Nizza e testimoniare della serenità che vi regnava. Il Comitato trasforma il carnevale in un vero e proprio evento: organizza sfilate di carri sempre più maestose, balli in maschera, coreografie a cavallo per il Martedì grasso ma anche, ahimè, istituisce le tribune paganti.

Due grandi artisti nizzardi, Alexis Mossa e suo figlio Gustav-Adolf Mossa, furono eletti “Conservatori dell’immagine del Re” e sono i veri padri spirituali del carnevale di Nizza.

Nel 1882, il tradizionale pupazzo di paglia e stracci che stazionava sulla place de la Préfecture si trasformò nel Re del Carnevale e cambiò la sua sede.

Nel 1892 apparve quello che venne chiamato all’epoca “il coriandolo di Parigi”, in carta. Fino ad allora a Nizza si usavano dei coriandoli in gesso che vennero vietati nel 1955.

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Nel 1912, cinque carri nizzardi sfilarono a Parigi su invito del Petit Journal che voleva festeggiare il mezzo secolo del carnevale di Nizza.

Gli eventi della Storia ed il Carnevale.

Anche il Carnevale è stato coinvolto negli eventi della storia. Nel 19141939, i carnevali che avevano per tema « Perseo su Pegaso » e « Re della Gioia e delle Risa» si sono svolti normalmente ma quelli del  19151940 sono stati cancellati. E dire che una sottile ironica premonizione planava sui titoli di quelle edizioni, rispettivamente « Re dei Pazzi » e « Sire della Follia».

Un altro Re che non uscì mai, il « Re dei Folli », fu quello del 1991, rimasto nell’hangar con tutto il carnevale a causa del rischio attentati che seguì la guerra del Golfo.

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Per l’edizione del 2015, il Re della Musica fa gli onori di casa. In programma, sfilate, battaglie di fiori ed, ovviamente, tanta musica con animazioni proposte da un esercito di 1000 ballerini e musicisti.

Sua Maestà, che sarà rimasto sulla place Masséna per tutto il carnevale, sfilerà una sola volta, l’ultima sera, prima di essere bruciato in mare. L’anno prossimo, il Re nascerà dalle proprie ceneri…

Per informazioni: visitate il sito del Carnaval de Nice

Grazie all’Ufficio del Turismo di Nizza e a Wikipedia per le foto.

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Le bus de Nice a Menton: il capolinea.

vieuxIl cartello segnaletico ci da il benvenuto a “Menton, Perla di Francia” Questo appellativo lo dobbiamo al grande Elisée Reclus geografo e molto altro ancora, che così nominò Mentone nella sua Nouvelle Géographie Universelle, la terre et les hommes. Elisée ha trovato invero una definizione calzante di questa città di frontiera che ha fatto parte del Principato di Monaco per 5 secoli.

maria serenaLa leggenda vuole che Mentone fosse stata fondata da Adamo ed Eva in persona. Pare che Eva, cacciata con Adamo dal Paradiso Terrestre dopo il fattaccio che ben conosciamo, portò con se un frutto d’oro. Adamo, morto di paura, chiese ad Eva di gettare il frutto, temendo la collera divina che aveva già causato loro non pochi problemi. Dopo aver valicato montagne, percorso valli e pianure, avvistarono la baia di Garavan. Il golfo, la dolcezza del clima, la vegetazione lussureggiante ricordarono ad Eva l’Eden e qui pianto’ il suo frutto d’oro. Fu cosi che, dal suo limone, Mentone, piccolo paradiso sulla terra, nacque….

coteauPiù pragmaticamente, i conti di Ventimiglia estesero i loro possedimenti ad ovest già dal 932 verso la valle del Careï. Mentone appare la prima volta in un documento ufficiale nel 1292, su un trattato fra Carlo d’Angio’, conte di Provenza e Guglielmo Vento, signore genovese di Ventimiglia. Tale trattato riconosce a quest’ultimo il possesso del castello di Mentone (che sorgeva sul sito dell’attuale cimitero detto del Vecchio Castello)

Nel 1346, Mentone diventa proprietà di Charles Grimaldi, signore di Monaco.

Da allora, la storia di Mentone si confonde con quella del Principato. (vedi articolo Le bus de Nice a Menton: Monaco)

blascoDal 1880, Mentone segue la scia delle sviluppo turistico della Costa Azzurra. Il medico inglese Henry Bennett fu il testimonial della città che gli deve la propria reputazione, almeno all’epoca.

Mentone diventa una località di villeggiatura apprezzata da Inglesi e aristocratici russi. Ospiti illustri sono accolti qui: aristocratici come l’imperatrice Eugenia, il re Alberto I di Belgio, Alessandro di Russia, la regina Victoria d’Inghilterra, ma anche artisiti come Auguste Rodin, Franz Liszt, Charles Gounod, Blasco Ibañez che ci ha lasciato la splendida Villa Fontana Rosa

Poi arrivarono le guerre, ed il paradiso si trasformo’ in inferno.

Durante la Prima Guerra, gli hotels ed i palazzi si trasformarono in ospedali.

Durante la Seconda Guerra, Mentone conobbe ore ancora più buie.

 3 Giugno 1940: gli Italiani sono alle porte ed incomincia l’esodo dei mentonesi: 15 000  abitanti – Mentone ne contava 21 000 all’epoca – sono evacuati in un primo tempo verso Antibes e Cannes, voi verso Prades, una città del dipartimento Pirenei-Orientali che, nel 1939, aveva già accolto i rifugiati spagnoli che fuggivano la dittatura sanguinaria del loro paese.

Gli Italiani presero Mentone il 20 giugno 1940 ed a partire da quel momento Mentone diventa de facto italiana. L’italiano viene insegnato nelle scuole, i cartelli stradali sono stampati in italiano, agli abitanti viene imposta una carta d’identità italiana e la lira è introdotta.

Il recensimento del 23 aprile 1941 conta 6 700 abitanti di cui 4 500 Italiani e 500 autoctoni naturalizzati italiani.

E, poiché in guerra non c’è limite al peggio, dopo gli Italiani arrivarono i Tedeschi.

L’8 settembre 1943, in seguito alla caduta di Mussolini, i tedeschi prendono possesso della città, la cui amministrazione venne affidata al governo infame di Vichy.

A parte le costrizioni imposte dalla creazione della zona “riservata alpestre”, si aggiungono l’assenza di elettricità, di gas, il copri fuoco, divieti di ogni genere e perquisizioni. I dintorni della città sono minati, l’operazione di bonifica costerà d’altronde numerose vite.

Il 15 agosto ’44 gli Alleati sbarcano al Cap Dramon nel Var ed incominciano a liberare la Provenza occupata dal 1942. Le truppe tedesche in ritirata si ritrovano tutte a Mentone e distruggono il suo porto. Le SS fucilano all’Ariane, un quartire di Nizza, membri della resistenza fra cui dei Mentonesi.

Al loro arrivo, l’8 settembre ’44, i paracadutisti americani e canadesi trovano una Mentone ridotta in macerie al 75% dai bombardamenti che i Tedeschi hanno lanciato fino all’ultimo giorno.

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Per ricordare che, oggi come oggi, paradisi di tutto il mondo sono ancora trasformati in inferni dalle guerre, dalla stupidità del genere umano senza fine…

La ricostruzione di Mentone fu terminata negli anni ‘60 e da allora ha ripreso di pieno diritto il suo statuto di “Perla di Francia”.

 

Ci sono talemente tante cose da vedere a Mentone che non so da che parte incominciare. Ci torneremo, senza dubbio, per vedere da vicino le meraviglie custodite da questa città dall’indubbio fascino.Ve ne le lascio scoprire alcune visitando il sito dell’Ufficio del Turismo tanto per incominciare…

serre madone“Mentone, capolinea, tutti scendano; assicuratevi di non aver dimenticato niente nel bus”

La voce dell’autista mi distoglie dai miei pensieri. Scendo di controvoglia. Il mio cuore è pieno di emozioni ed i miei occhi d’immagini….

Merci Ligne d’Azur !

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Le bus de Nice à Menton: Roquebrune-Cap-Martin

Alla sua nascita la giovane Roquebrune si chiamava Rocca Bruna. Il suo papà, Corrado I di Ventimiglia la fondò nel 970. La ragione del suo nome, la scoprirete passeggiando nel villaggio medievale ed osservando le rocce brune sul quale è costruito. Nel 1355, i Vento, signori di Ventimiglia dal 1222, vendettero Rocca Bruna ai Grimaldi e, per i 5 secoli che seguirono, fece parte del Principato di Monaco. Fu ribattezzata Roquebrune-Cap-Martin nel 1861 alla sua annessione alla Francia per distinguerla dalla corregionale Roquebrune sur Argens. Napoleone III, d’altronde, pagò quattro milioni di franchi in oro al Principato di Monaco perché rinuciasse ai suoi diritti su Roquebrune e Mentone.

E’ un vero peccato limitarsi a passare in autobus  e non prendere il tempo di scoprire Roquebrune. Ce ne sono talmente tante, di cose a vedere, da riempirsi gli occhi ed il cuore….

Il sentiero litorale.

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Sentier littoral

Il nostro bus passa per la Basse Corniche e costeggia il tratto del sentiero dei doganieri che unisce Monaco a Mentone. Dal bus ne scorgiamo qualche tratto.

Se scendete alla fermata  «Les 4 chemins», potrete facilmente raggiungere questo sentiero sul mare. Avreste anche potuto scedere alla fermata « La Vigie » non lontano dal Montecarlo Beach, proprio all’inizio di questo sentiero.

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Le Cabanon

Fra flotti azzurri, ville della Belle Epoque e ricchezze della flora del nostro litorale, la camminata vi porterà fino al cottage contemporaneo del grande architetto Charles-Edouard Jeanneret detto “Le Corbusier“, che diceva : «Ho un castello sulla Costa Azzurra, che misura 3,66 metri per 3,66 metri. E’ per mia moglie, è stravagante di confort e di gentilezza ». Il castello in questione in realtà è un rustico costruito in legno con solamente una porta ed una finestra, constuito con le sue proprie mani nel 1952 e nel quale ha villeggiato per 18 anni, in Agosto. Monumento storico, 2.26 metri d’altezza per 3.66 metri di profondità, queste sono le dimensioni conformi al « Modulor », sistema di misura inventato da Corbusier basato sulla Sezione Aurea rispetto al corpo umano. Le Corbusier è annegato nel 1965, ovviamente in Agosto, al largo del Cap Martin ed è inumato nel cimitero del villaggio in una tomba, manco a dirlo, costruita secondo un suo progetto. Di solito, si può visitare il Cabanon, ma è chiuso a partire dal 1° Luglio 2014 per lavori di ristrutturazione

Per saperne di più: Randoxygène

Il Forte del Cap Martin

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Le Fort du Cap Martin

Il forte del Cap Martin è stato construito nel 1930 nel contesto del’elaborazione della ligne Maginot. Accolse i 350 uomini del Battaglione Alpin de Forteresse che si opposero agli  Italiani dal 10 al 25 Giugno 1940. Mussolini cercava di prendere Mentone ma qui si prese una seria strinata.  Il forte fu lasciato all’abbandono fino al 1997, quando l’associazione AMICORF (Amis de la Commission d’Organisation des Régions Fortifiées), costituita da una ventina d’appassionati, incomincia la ristutturazione del forte. Dopo 11 anni di lavori, il forte ha aperto le sue porte ai visitatori nel 2009. Per le visite, rivolgersi all’ufficio del turisme di Roquebrune: 0033 (0) 4 93 35 62 87.

Adulti : 5 € – Bambini, studenti o gruppi: 3 € – Gratuito per i bambini di meno di 6 anni.

Per saperne di più: Wikimaginot

Il Castello

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La Château

Si può raggiungere il villaggio medievale di Roquebrune direttamente dal sentiero litorale, salendo lungo il sentiero Massolin. La salita è abbastanza ardita, ma ne vale la pena. Il Castello fu costruito nel 970 da Corrado 1° di Ventimiglia per meglio difendere la parte occidentale delle sue terre dalle orde di Saraceni. La fortezza includeva allora tutto il villaggio. Nel XV secolo, i Grimaldi aumentarono la potenza militare del sito. Venduto nel 1808 a dei cittadini di Roquebrune, venne rivenduto da questi nel 1911 ad un ricco turista inglese, Sir William Ingram. Questi, nel 1921, ne fece dono alla città.

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Une salle du Château

Orari di visita :
– dal 01/10 al 31/01: dalle 10 alle 12:30 e dalle 14 alle 17
– dal 01/02 al 31/05: dalle 10 alle 12:30 e dalle 14 alle 18
– dal 01/06 al 30/09: dalle 10 alle 13 e dalle 14:30 alle 19

Chiuso il 1° Maggio, 1° ed 11 Novembre, 25 Dicembre e 1° Gennaio, oltre a tutti i venerdi fra il 2 Novembre ed il 31 Gennaio.

Audioguida gratuita in Francese, Italiano, Inglese e Tedesco.

Adulti : 5 €, Senior e gruppi di + di 10 pax : 4 €, Bambini e studenti : 3 €.

Info al +33 (0)4 93 35 07 22.

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Olivier millénaire

 

Ulivo millenario

Non lontano dal castello, sul chemin de Menton, troverete uno degli alberi più antichi di Francia. Le radici apparenti di questo Matusalemme di Provenza si estendono su venti metri. Forse portato qui dai Fenici 3000 anni fa, venne più probabilmente piantato dai Romani versi l’anno 400.

 

 

 

Tombeau de Lumone

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Tombeau de Lumone

La villa di Lumone, costruita nel 1° secolo, era probabilmente a prossimità delle scuderie ciò che permetteva di cambiare i cavalli prima di incominciare la salita verso La Turbie. La villa contiene una tomba che è stata annoverata fra i monumenti storici nazionali dal 1951. La decorazione della tomba, probabilmente destinata ad un notabile, è molto curata.Il decoro e la struttura di questa tomba sono piuttosto singolari e ne troviamo un altro esempio solamente ed Ostia.

Entrat libera – Avenue Paul Doumer, vicino al municipio di Roquebrune-Cap-Martin; Info al +33 (0)4 93 35 62 87

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La Grotte

La Grotta del Vallonnet

Roquebrune, fra l’avenue des Mimosas ed il Chemin du Pontet, ospita uno dei siti preistorici più antichi d’Europa. La grotta del Vallonnet fu scoperta nel 1958. Dagli anni ’60, degli scavi approfonditi ci rivelano segreti della vita dell’Homo Erectus. Situata a 110 metri sul livello del mare, accetta visitarori ma è meglio informarsi prima, visto che gli scavi sono tuttora in corso.

Musée de la Préhistoire de Menton, rue Loredan Larchet – Tél. +33 (0)4 93 35 84 64.

Allora, che facciamo, scendiamo dal bus?!?

Grazie infinite a l‘Office du Tourisme de Roquebrune-Cap-Martin

 

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Le bus de Nice à Menton: Monaco.

Fontvielle et le Rocher

Fontvieille e il Rocher

La prima cosa che viene in mente pensando a Monaco, è il lusso in tutte le sue possibili manifestazioni. Per delle ragioni professionali, mi è capitato recentemente di passare una serata in uno dei clubs più esclusivi del Principato e credevo di essere finita su un altro pianeta: ragazze di un metro e ottanta tutte con lo stesso seno, labbra e zigomi, VIP dall’ostentata allegria, genuina solo a metà, l’altra metà affidata a sostanze stupefacenti, bambini viziati di 20 anni che gettavano 50 euro di mancia per terra per il diletto di vedere il parcheggiatore chinarsi per raccoglierli… Anche questo è Monaco, ma non è di questo Monaco qui che ho voglia di parlarvi. Dal nostro bus, d’altronde, non se ne vedono di questi gadgets, in compenso percorriamo i 2600 anni di storia di questo Principato dall’economia liberale e dinamica ma anche profondamente legato alle proprie tradizioni e alla propria storia. La prima immagine di Monaco è Fontvieille, che era probabilmente già abitata alla fine del Paleolitico inferiore grazie alla protezione offerta dal Rocher e dal porto naturale. Oggi Fontvieille è il quartiere più “popolare” di Monaco, dove gli affitti sono un po’ meno proibitivi che altrove. Numerose fabbriche vi hanno eletto la loro sede e vi troviamo il tempio del calcio lo stadio Louis II, base di sua Altezza l’AS Monaco la cui scuola ha visto crescere campioni come Lilian Thuram, Emmanuel Petit e Thierry Henry.

Le origini.

La Condamine

La Condamine e il Port Hercule

L’origine del toponimo Monaco  è all’origine di nobili e dotte tenzoni fra storici. Il nome Monoïkos è menzionato già da Ecateo di Mileto storico e geografo del VI secolo a. C. che parla di “ Μόνοικος, πόλιςΛιγυστική (Monoïkos, polis Ligustikè)” ovvero Monaco, città di Liguria. Per alcuni, il nome è quello della tribù ligure che per prima si insedio’ sul Rocher, per altri il nome venne dato dai Greci Focesi, – che qui erano di casa all’epoca, fondatori che furono di città come Marsiglia o Nizza – che crearono una colonia nel luogo dove oggi si trova uno dei due porti di Monaco, nel VI secolo av. C. L’origine del nome potrebbe dunque essere l’adorazione chei Greci Focesi tributavano ad Ercole. La menzione «Héraklès Monoïkos»  significa “Ercole solitario” o “Ercole che possiede un unico tempio”.   Non è un caso che il porto oggi si chiami Port Hercule. Poco dopo arrivarono i soliti Romani ad imporre la loro “pax” e, per festeggiare l’evento, venne costruito il Trofeo delle Alpi, il sempre magnifico monumento che fa bella mostra di se’ a La Turbie. Questo monumento, sull’antica via Giulia Augusta, designava il confine fra la Gallia Cisalpina e la Gallia Transalpina.

Il Medioevo

Alla caduta dell’Impero Romano, come successe un po’ dappertutto in Provenza, Monaco divenne una terra in preda al caos, dove Saraceni facevano il bello ed il cattivo tempo e questo fino al 975 anno in cui Guglielmo di Provenza, detto il Liberatore, rimando’ a quel paese i Saraceni con baracca e burattini.

Nel 1191, Enrico VI, imperatore del Sacro Romano Impero,  concesse a Genova la sovranità su un pezzo di terra che compredeva l’odierno quartiere  della Condamine – il quartiere a ridosso del Port Hercule, per intenderci – ed il Rocher che apparteneva alla signoria di La Turbie.  A partire da quel momento, Monaco si trovo’ coinvolta suo malgrado nelle lotte fra Guelfi e Ghibellini genovesi: la fazione che perdeva la battaglia, veniva curiosamente a rifugiarsi qui. Fu cosi che i Ghibellini, con a capo Folco da Castello, dopo che i Guelfi gliele avevano suonate di santa ragione, vennero qui  nel 1215 e costruirono una fortezza nel punto dove oggi sorge il Palazzo dei Principi.Offrirono terre e esonerazioni di tasse a tutti coloro che decidevano di venire a vivere qui. Nel 1297 fu il turno dei Guelfi che presero Monaco con l’astuzia. La leggenda racconta che Francesco Grimaldi, detto il Malizia, ed un compagno suo, entrarono nella fortezza travestiti da monaci per eludere la sorveglianza – sullo stemma del Principato, è rimasta traccia di tale evento nei due monaci che brandiscono una spada.  Eh si, due monaci. Coincidenza?

L’autorità dei Grimaldi venne riconosciuta solo nel 1314. Nel 1346, i Grimaldi acquisiscono la signoria di Mentone e nel 1355 quella di Roquebrune. Queste signorie costituirono il territorio del Principato fino al 1848. Tuttavia, la storia di Monaco fu lontana dall’essere un lungo fiume tranquillo: per conservare la propria indipendenza de facto dalla Repubblica di Genova, Monaco si pone sotto la protezione franco-savoiarda nel 1489, poi è la volta del protettorato spagnolo nel  1524 (data che coincide con l’emancipazione definitiva dal Sacro Romano Impero), poi nuovamente sotto protettorato francese nel 1641, sotto protettorato sardo secondo gli accordi del Congresso di Vienna nel 1815, prima di mettersi sotto la protezione della Francia dal 1860, con cui va d’amore e d’accordo salvo quella che fu la crisi di coppia franco-monegasca del 1962 

Epoca moderna

MonteCarloCasino

Il Casino’ prima dei lavori ai Giardini (2014)

 Nel 1847, il Principato copriva un territorio di 24 km². La parte più vasta e ricca ne era la piana di Mentone, con le sue culture d’agrumi e ulivi. A causa di una tassa sugli agrumi che Florestan I voleva imporre, Mentone e Roquebrune mandarono il Principe a farsi friggere e si proclamarono città libere sotto il protettorato del Regno Sardo. Il povero Florestan stava inguaiato, inguaiato assai: senza Mentone, addio risorse legate al commercio dei limoni e dell’olio. Chiuse gli occhi nel sonno eterno senza aver potuto trovare una soluzione per le finanze del Principato, soluzione che venne trovata dal suo successore, Charles III o, per dirla tutta, dalla madre di questi, Caroline Gibert, che gli suggeri l’idea di creare delle case da gioco sul territorio visto che queste erano vietate nei paesi vicini. Il primo casino’ apri le sue porte nel 1857 per richiuderle quasi subito per mancanza di clienti e per il dilettantismo con cui era gestito. Nel 1863, Charles III decise che il tempo era venuto di far fare a chi sapeva fare e offri all’imprenditore François Blanc la gestione del Casino’ oltre alla presidenza della Société des bains de mer che oggi come oggi gestisce, oltre ai 4 casino’ del Principato, numerosi hotels di lusso, ristoranti, clubs – lista non esaustiva.  Il Casino’ che vediamo dal bus, situato nel quartiere Spélugès, è una magnifica costruizione stile Belle Epoque del 1897, costruita sullo stesso sito che aveva accolto il casino’ gestito da François Blanc. Fu grazie alla più che florida attività del Casino’ che Charles III poté permettersi di sopprimere qualunque tipo di tassa, cio’ che permise ai promotori immobiliari di venire ad investire qui e di riempire il Principato di cemento. Il mercato immobiliare è, oggi come oggi, la principale risorsa del Principato di Monaco.

 La lingua.

La lingua officiale del Principato è ovviamente il francese, ma il monegascu è la lingua quotidiana di quasi 6 000 monegaschi.  Ascoltando l’inno nazionale monegasco, ho avuto un rigurgito di orgoglio genovese e mi sono pure messa la mano sul cuore…

Santa Devota.

Sainte Devote

Sainte Devote

 In un Principato dove la religione cattolica è religione di stato, non potevamo farci mancare una storia di santi.

Poco prima di prendere la salita che ci porta davanti al Casino’, nel quartiere della Condamine, in corrispondenza di una curva del circuito del Gran Premio di Formula Uno che d’altronde porta il suo nome, la chiesetta di Santa Devota si lascia appena intravvedere.  Si tratta di una modesta cappella costruita prima del 1070 nel luogo in cui, secondo la tradizione, i resti di Santa Devota sono stati inumati.

Secondo la leggenda, Devota nacque in Corsica nel 283 e vi venne martirizzata nel 312. I pagani che l’avevano uccisa volevano gettare il suo corpo nel deserto ma due cristiani, che ebbero pietà delle sua mortali spoglie, le misero su una barca con l’intenzione di portarle in Africa per dare loro degna sepoltura.  Una tempesta fece perdere la bussola ai nostri eroi ma, o prodigio!, dal corpo di Devota usci una colomba che li guido’ fino alle rive della Costa Azzurra, più precisamente nel luogo dove oggi si trova il Port Hercule. In sua memoria, tutti i 26 Gennaio, una barca viene bruciata nello stesso posto. Questa leggenda mi sorprende per i numerosi punti in comune con quella di Santa Reparata, la patrona di Nizza e le due storie non sono poi cosi diverse da quella di Santa Giulia.

Mi domando se non si tratti della stessa persona, ma dai, dopo tanti secoli, chi vuoi che sporga querela per furto d’identità?

larvotto

Le Larvotto

Le spiagge del Larvotto sono l’ultima immagine di Monaco che il nostro bus lascia dietro di se’.

Davanti a noi, Roquebrune e Mentone.

 

 

 

 

Ringraziamenti a:

Monaco – Monte Carlo.mc per le foto

Ufficio del turismo di Monaco

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Le bus de Nice à Menton: l’arrêt Saint Laurent d’Eze

Il nostro bus attraversa Eze a passo d’uomo, la circolazione è spessa, e questo ci permette di godere di ogni dettaglio del paesaggio inquadrato nei finestrini.

hotel cap estelIl comune di Eze si estende su un territorio scosceso che sale dal litorale – Eze sur mer – fino al picco roccioso sul quale pittoresche costruzioni medievali costituiscono Eze Village. Le due entità – Eze sur mer e Eze Village – si congiungono a Saint Laurent d’Eze dove arriveremo fra qualche minuto

tramway littoralEze conobbe la sua epoca più gloriosa sotto Augusto – intorno al 60 a.C. – dopo la quale i grandi ed i piccoli avvenimenti della sua Storia entrarono nell’orbita gravitazionale della Contea di Nizza. Fino all’inizio del XIX secolo, Eze si estendeva fino alla Trinité, che venne distaccata nel 1818, ed era sulla linea del Tramway de Nice et Littoral.

chemin de NietzscheEze è un piccolo angolo di paradiso, uno dei tanti in questa regione benedetta dagli dei. Nietzsche amava camminare lungo un sentiero che, dal litorale, mena al villaggio medievale. Si dice che queste passeggiate in comunione con la natura, la bellezza e la Storia gli ispirarono la terza parte di Cosi parlo Zarathustra. Il sentiero porta oggi il suo nome.

 

Tutto va, tutto torna, la ruota dell’esistenza gira in eterno. Tutto muore, tutto rifiorisce, il ciclo dell’esistenza continua senza fine.

chemin de Nietzsche VillageDal tempo di Nietzsche numerosi sono gli intellettuali e gli artisti che hanno cercato ad Eze la “beatitudine non voluta” o semplicemente un po’ d’ispirazione… Penso con emozione che c’è forse un po’ di Eze nelle canzoni degli U2 visto che Bono e The Edge vengono qui a scaldare corde vocali e di chitarre. The Edge ha pure celebrato qui il proprio matrimonio: a giurarsi amore eterno circondati da bellezza eterna, si rischia persino di crederci…

Durante la salita verso Saint Laurent d’Eze, il nostro bus comincia a tossire. Soffre forse a causa del nostro peso? Eppure, dovrebbe esserci abituato! I miei dubbi trovano presto una risposta:  ascolto l’appello che l’autista sta lanciando con il suo cellulare, con molta probabilità la cinghia della pompa di raffreddamento ci ha lasciato, tale è la diagnosi del nostro autista.  Parcheggia il morente alla fermata di Saint Laurent d’Eze. Sulla mia nuca plana l’interrogativo di due passeggere che non hanno capito la conversazione dell’autista: giro la testa verso la loro implicita domanda “il bus è in panne” dico loro in tedesco e ne ricevo in cambio uno sguardo che passa in due secondi dalla gratitudine allo stupore ed infine al disappunto.  Alla domanda “e che cosa facciamo adesso?” non ho risposta in nessune delle lingue a mia disposizione, ma improvviso “l’autista ha inviato una chiamata di soccorso, probabilmente farà arrivare un altro bus“.  Prima che la mia frase sia terminata, mi rendo conto della corbelleria che ho appena detto:  li abbiamo visti tutti poco fa gli autobus partire da Nizza già al completo, e Nizza si trova a 50 minuti da qui, le probabilità che un bus vuoto venga a recuperarci in giornata sono le stesse di vedere arrivare un carro armato americano.  Dopo 5 minuti, durante i quali anche il nostro autista ha ben capito che nessuno verrà in nostro aiuto, dichiara ufficialmente che “il bus ha un problema tecnico e non è in grado di ripartire, siamo alla ricerca di soluzioni“.

Quindi, tutti scendono a terra. Dopo aver ammirato la varietà dei paesaggi, osservo ora la diversità delle reazioni dei passeggeri, reazioni che mi diverto a schematizzare per nazionalità.

Le due signore che erano dietro di me e che ho scoperto essere Austriache, dicono ” sono cose che succedono, in fondo ci sono posti peggiori dove ritrovarsi in panne”. La vista magnifica sul mare da una parte e sul villaggio dall’altra, da loro ragione. Degli Inglesi, morti dal ridere, prendono in giro la tecnologia francese dandosi di gomito l’un l’altro, ma in fondo bonariamente, gli Inglesi sono forti nell’arte di ridere delle disgrazie e fanno ridere anche me.  Due Giapponesi si mettono a fare l’autostop, alternadosi alla macchina fotografia, dopotutto è un evento da immortalare! Un gruppo di Olandesi tira fuori dalle sportine della spesa fatta al Mercato dei Fiori del Cours Saleya dei frutti succulenti in cui affonda i denti con soddisfazione. Ma nessuno brontola?!? Niente paura, per questo ci sono i Francesi e gli Italiani!

Una coppia di Francesi  – di cui non riesco a capire la provenienza ma che indovino essere dei turisti – si lanciano in tutta una serie di considerazioni che va dall’inefficienza del servizio di trasporti pubblici, alla caduta del potere d’acquisto fino ad arrivare all’innalzamento dell’età pensionabile. Ecco fatto, cosi ce n’è proprio per tutti. Due coppie di Italiani sono sconvolte all’idea di dover cambiare i loro programmi ed eventualmente arrivare in ritardo alla cena che Gigi organizza a Nizza la sera stessa.  “Ah, ma non finisce qui – dice una delle signore – sporgero’ querela a Ligne d’Azur, vedrai, non è perché il biglietto costa 1.50 euro che si possono permettere di lasciare la gente a piedi in questo….  – e qui censuro, il senso era “in questo paesino cosi piccolo da non essere neanche segnato sulle carte geografiche, talmente piccolo da poter essere paragonato ad una parte altrettanto piccola e nascosta del corpo umano “. Non troppo elegante nella bocca di una signora…  Cerca la mia approvazione con lo sguardo, mi allontano discretamente, faccio come se non capissi l’italiano a volte è meglio glissare…

Bus_cg06Nel frattempo, il nostro eroico autista ferma tutti gli autobus che passano, al completo anche loro, e mercanteggia un posto o due per i “suoi” passerggeri. 8 bus dopo, tutti i suoi passeggeri sono sistemati e proseguono cosi verso Mentone.

 

 

Prossima tappa: Monaco

Ringraziamenti all’Ufficio del Turismo di Eze http://www.eze-tourisme.com/fr/

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Le bus de Nice à Menton: Le Cap Ferrat

villefranche

Villefranche sur mer

Arriviamo dunque a Villefranche sur mer, la cui rada è frequentata da marinai greci e romani fin dall’Antichità. I Romani battezzano questo punto d’approdo Olivula Portus, ma non sono in grado di proteggerlo dai ripetuti attacchi da parte di barbari, talmente assidui che gli autoctoni decidono di abbandonare il litorale per rifugiarsi sulle alture.

Ci è voluta una guerra sanguinaria perché i poteri politici si decidessero infine di
costruire una fortificazione per proteggere il litorale: nel 1543 le 110 galere di Barbarossa sbarcarono a Villefranche, razziando e distruggendo tutto al loro passaggio.  Nel 1554 inizio’ la costruzione della Citadelle secondo i piani di Gian Maria Olgiatti, ma bisognerà attendere la vittoria di Saint Quentin che diede ad Emanuele Filiberto di Savoia gli scudi necessari per terminare i lavori. Quando il cantiere della Citadelle, detto anche Forte de Saint Elme, termino’, operai e macchine vennero spostate sulle alture per la costruzione del Forte de Saint Alban, che domina ancora oggi Villefranche dall’alto. Cosi protetta lato mare e lato monte,  Villefranche è infine in una botte di ferro.

 

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La rada

Il bus lascia Villefranche alle nostre spalle ed una lunga discesa ci accompagna fino a Beaulieu sur mer. E’ un vero peccato che dalla strada percorsa dal nostro 100 non si veda il Cap Ferrat, ma se vi capita di ritornare, vi consiglio di scendere alla fermata “Le Port” di Beaulieu dove potrete iniziare un’escursione che vi porterà da Beaulieu à Villefranche lungo il sentiero dei doganieri facendo il giro del Cap Ferrat.

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Sentiero litorale

 

 

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Su questo Eden che si estende lungo 200 ettari fra Beaulieu e Villefranche,  il sentiero litorale si apre un varco fra le falesie calacaree e rocce affilate, il faro, edificato durante il Regno di Sardegna nel 1827, distrutto dai Tedeschi nel 1944 e ricostruito nel 1951, regna sovrano.

 

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Villa Ephrussi de Rothschild

Il Cap, oltre ad una vegetazione superba, contiene dei tesori architettonici come la Villa Ephrussi de Rothschild uno dei più bei palazzi in stile Rinascimento della Costa Azzurra, fatto costruire dalla baronessa Béatrice Ephrussi de Rothschild fra il 1905 ed il 1912.

 

egliseA Saint Jean, una piccola salita vi permetterà di visitare la chiesa della Madone de Saint Hospice.

Hospice occupo’ nel VI secolo una vecchia torre su una punta del promontorio che oggi porta il suo nome. Vi visse nell’ascetismo più totale lontano dal mondo e le sue creature. Secondo la leggenda, aveva il potere di fare dei miracoli e possedeva il dono della preveggenza. Durante l’invasione dei Longobardi, che fra l’altro aveva predetto, punizione divina contro la depravazione degli abitanti di Nizza e dintorni, sempre secondo la leggenda uno dei soldati voleva tagliargli la testa con la sua sciabola, ma il braccio di questi si paralizzo’ e fece cadere l’arma ai piedi di Hospice, che poté cosi conservare la sua testa fino alla morte. Una cappella viene costruita sui resti della vecchia torre nel XVII secolo. Il commerciante nizzardo Auguste Gal fece costruire una statua della Vergine di 11 metri che fu installata a fianco della cappella nel 1903.

ezeCon la voglia di ritonare per fare il giro del Cap, lasciamo Beaulieu ed arriviamo ad Eze sur mer.

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Le bus de Nice à Menton: Arrêt Maeterlinck.

Volete percorrere una delle strade più affascinanti del mondo, tuffarvi nella Storia e nella bellezza del patrimonio naturale della Costa Azzurra  per solo 1.50€ ? Ma prendete il 100, perbacco!

L’autobus 100 della compagnia di trasporti pubblici Ligne d’Azur percorre i 35 km che separano la via Ségurane di Nizza e la stazione dei bus di Mentone in un po’ più di un’ora. E’ dunque sottinteso che non bisogna avere fretta , perfetto per turisti o come piano B quando dovete andare a Mentone ed  i treni non circolano a causa di un guasto delle linee elettriche, quello che mi è successo la settimana scorsa.

Decido quindi di prendere il 100 con i turisti. Già alla partenza, il display del bus dice “completo”, è certo che non bisogna essere antropofobici se si prende il 100 visto che siamo compressi come asparagi in scatola.

Il bus si districa in qualche modo nel traffico cittadino fino al porto, dove incomincia la salita verso la Basse Corniche. Dopo 2 km, appare davanti a noi uno dei più bei panorami al mondo – forse esagero, ma è sicuramente una delle più belle viste su Nizza. In quel momento preciso, immancabilmente ogni volta che prendo questo bus, una calda fierezza mi si espande nel petto. E’ la mia città quella che si vede la sotto. Guardare la bocca aperta dei turisti ed ascoltare il ticchettio a raffica delle loro macchine fotografiche è un piacere di rara intensità.

Vue sur Nice

Vue sur Nice

Vediamo il Monumento ai Caduti, inaugurato nel 1928 dal Maréchal Foch, il porto Lympia, la cui costruzione fu voluta de Carlo Emanuele III nel 1748 ed inaugurato nel 1857 dall’imperatrice di Russia che gli dette anche il suo nome, la collina du Château, dove i Greci si insediarono verso il 250 avanti Cristo e la città, che si estende lungo il dolce sorriso della Baie des Anges.

Monument aux Morts, Le Château, Le Port Lympia

Monument aux Morts, Le Château, Le Port Lympia

Le Port Lympia

Le Port Lympia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ai nostri piedi, incastrato sulla falesia, semi-nascosto ai nostri sguardi che quasi ce lo perdiamo, il Palais Maeterlinck, 

Falesia

Falesia

la cui storia è a modo suo appassionante. Il progetto della sua construzione fu lanciato nel 1913 per conto di un ricco Inglese, ma non fu mai terminato. L’immobile, cosi com’era, fece venire l’acquolina al conte di Milleant, un rifugiato bianco (rifugiati bianchi o Russes Blancs era il nome con cui venivano designati qui i Francia i nobili russi che erano fuggiti dalla Rivoluzione d’Ottobre, numerosi a Nizza) che voleva costruirvi un grande casino’ per fare concorrenza al Casino’ di Monte Carlo. Il progetto si chiamava Castellamare, ebbe inizio nel 1920 ma non venne mai portato a termine visto che nel 1928 il Palais de la Méditerranée venne inaugurato, addio sogni di gloria per il conte di Milleant ed il suo casino’ nizzardo…

Arcades Palais Maeterlinck

Arcades Palais Maeterlinck

Nel 1930, è lo scrittore drammaturgo belga Maurice Maeterlinck che si aggiudica la proprietà all’asta e decide di trasformarla nella dimora dei suoi sogni per lui e la sua giovane sposa Renée Dahon, diventata la contessa Maeterlinck grazie a questa unione. Durante la guerra, sicuro che i Nazisti gli avrebbero sparato a vista a causa delle sue ostentate simpatie socialiste, scappa negli Stati Uniti e Orlamonde – il nome che diede alla proprietà – conobbe un periodo d’abbandono. Alla sua morte, sopravvenuta nel 1949, la contessa, persa nella solitudine e nel culto del suo defunto marito, si voto’ alla salvaguardia della sua memoria.

Plaque commémorative

Plaque commémorative

Nei primi mesi del 1963, inizio’ a circolare la voce di una Fondazione Maeterlinck, ma le contrattazioni fra André Malraux, l’allora Ministro dei Beni Culturali e la contessa non ebbero esito felice. E si che Malraux le doveva essere simpatico visto che aveva ferocemente denigrato Georgette Leblanc, indubbiamente la donna più importante nella vita di Maeterlinck e che lei detestava al punto di aver acquistato ad un prezzo esorbitante la corrispondenza fra lei e Maeterlinck per poi distruggerla affinché non ne restasse alcuna traccia nella storia.

La contessa aveva anche tentato la via del Museo d’Ile de France di Saint Jean Cap Ferrat, ma poiché il suo direttore, Gabriel Olivier, pretendeva di poter mettere le mani subito su Orlamonde, non se ne fece nulla. La contessa non l’avrebbe mai lasciata finché avrebbe avuto vita.

E’ vero che la tenuta era impressionnante. Cocteau ne scrisse “il 2 marzo 1953, verso le 5, sono stato a trovare la signora Maeterlinck. Impossibile trovare l’ingresso della villa. Ci aggiravamo sulla piattaforma che domina la strada, sopra dei giardini coperti, degli specchi d’acqua circondati da piante verdi. La villa è immensa come un tempio d’Egitto. E’ quello che resta di una bozza di casino’ che Maeterlinck a comperato e sistemato per viverci. La signora Maeterlinck vive fra queste hall, questi corridoi, questi vestiboli immensi con un minuscolo Pechinese ed il fantasma di Maeterlinck. Sulla sua spiaggia privata, deserta, si danno appuntamento i nudisti. La villa, a picco sul mare, è esattamente davanti alla punta del promontorio. E’ prigioniera di architetture che non saranno mai terminate. Cio’ che gli da l’aspetto di una rovina”.

Nel 1968, la contessa con il suo medico che la segue dappertutto, va da Jacques Médecin, allora sindaco di Nizza. La contessa gli fa un’offerta che non puo’ rifiutare: donerà Orlamonde al comune di Nizza a condizione che vi venga istituita un’università per stranieri. Lo cosa si sarebbe sicuramente fatta sennonché una maldestra inversione a U sul Quai des Etas Unis costo’ la vita, qualche mese più tardi, alla contessa. Durante la sua convalescenza, debilitata mentalmente e fisicamente, fece l’esatto contrario di quello che dichiarava solennemente dalla morte del consorte ovvero adotto’ il figlioccio di questi, il signor Van Goitsenhoven che eredito’ dunque Orlamonde malgrado l’avviso contrario dei nipoti di Maeterlinck.

Putroppo il mantenimento di una tale proprietà era ben al di sopra dei mezzi di Van Goitsenhoven- Maeterlinck. Nel 1973 apri le porte di Orlamonde per una vendita all’incanto di tutto il suo contenuto e poco tempo dopo il dominio stesso venne messo in vendita: dal 1983, una coproprietà di 20 appartamenti dal nome di Palais Maeterlinck venne commercializzata e a partire dal 1987, il fondatore di Adia, il ricco svizzero Henri-Ferdinand Lavanchy, compero’ uno ad uno tutti gli appartamenti ed il dominio venne trasformato in un hotel  4 stelle nel 1990. L’hotel cesso’ la propria attività nel 2008 ed il dominio conobbe un’altro periodo di abbandono, fino al 2012 quando il miliardario ceco Radovan Vitek lo compro’ per 48 milioni di euro. Una ventina d’appartamenti sono oggi in vendita, qui sotto il video della loro promozione.

Certo che questo si allontana un po’ dalle aspirazioni della contessa Maeterlinck. Al meno si ha avuto il buon gusto di mantenere il nome di Palais Maeterlinck.

Plaque commémorative

Plaque commémorative

 

 

 

 

 

 

Ed eccoci quasi giunti a Villefranche.

Villefranche

Villefranche

 

 

 

 

 

 

Ringraziamenti:

Le Petit Carnet de Maxence per le accurate note biografiche su Maurice Maeterlinck.

 

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Allons enfants de la patrie…Si, ma dove?

Manuel Valls, accomodandosi sulla sua nuova poltrona di Primo Ministro, ha fatto appello all’orgoglio nazionale invitando i membri dell’Assemblée e tutti noi a “essere fieri di essere Francesi”.

Per salutare l’arrivo di Manuel Valls sulla poltrona di Primo Ministro, il presentatore televisivo Laurent Ruquier non ha perso l’occasione per ricordargli le sue origini spagnole paragonandolo ad un torero – per tua info, Laurent, Manuel Valls è nato in Catalogna, l’unica regione spagnola dove la corrida è fuori legge …. A proposito, caro Manuel, Laurent Ruquier è Francese anche lui, eh si…

Nata, ma soprattutto pasciuta, all’ombra dell’Internazionale, ho qualche difficcoltà a trovare una fierezza qualunque nell’incidente di nascita che ci ha fatto vedere la luce in un Paese piuttosto che in un altro. Non lo abbiamo scelto, il nostro Paese, come non abbiamo scelto di nascere, d’altronde….

Trovo gli appelli all’identità nazionale assolutamente demagogici. E’ materia di tribune da anni, politiche e non, qui in Francia ed è la fonte d’infinite contraddizioni che testimoniano dei contorni sfocati della sua definizione e del suo utilizzo equivoco. Tutti ne parlano, nessuno l’ha veramente capita, e per un ottimo motivo: per identificarsi con un Francese, bisognerebbe avere un’idea precisa del suo profilo, della sua personalità, dei suoi valori, delle sue tradizioni. E’ conviviale come chi viene dalla Linguadoca? Ha la schiettezza di un Savoiardo? La determinazione di un Bretone? E’ dinamico come un Parigino? Ha la nonchalance di un Marsigliese? E’ sanguigno come un Corso? O assomiglia ad un Guyanese? Mangia delle verdure ripiene come a Nizza? Della torta al formaggio Maroilles come a Lille? Fa la Fest Noz come in Bretagna? Oppure organizza la Féria come à Nîmes?

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Qual è il punto nel tempo a cui di debba risalire per affermare che un Basco, un Alsaziano, un Nizzardo sono Francesi? E quale per poter annoverare i Franchi fra gli avoli dei Francesi e non degli invasori di origine germanica?

les gaulois

 

 

La bellezza della Francia è, ai miei occhi, la sua diversità. La bellezza dei suoi paesaggi cosi diversi fra loro che sono l’immagine di altrettante France, di tradizioni che ci arrivano dalle origini le più lontane nello spazio e nel tempo, di credenze religiose e di laicità il cui intreccio ha fatto della Francia il bel paese che è oggi. L’identità nazionale è, per quanto mi riguarda, prima di ogni cosa comprendre ed amare la diversità di cui la Francia è un magnifico esempio.

Se c’è una situazione in cui l’identità nazionale, nella sua accezione di rapporto presentato fra due o più esseri o cose che hanno una similitudine perfetta piuttosto che quella carattere permanente e fondamentale di qualcuno, di un gruppo che fa la sua individualità, la sua singolarità puo’avere un senso, è quando c’è una causa comune da difendere. L’ultima volta che mi è capitato di vedere tutti i Francesi – o quasi – compatti dietro il loro Presidente, fu all’epoca di Chirac, che, attraverso il discorso passato alla storia di De Villepin, ha detto no alla guerra in Iraq è all’onnipotenza dell’America già che c’era.

La resistenza all’oppressione, ecco che cosa fa sollevare i popoli e riconoscersi fra di loro. Se non c’è comunità d’intenti, le individualità prendono il sopravvento sulla collettività, e le Nazioni lo sono per definizione.

E’ molto più facile riconoscersi in “cause regionali”.

Un esempio, denso di elucubrazioni trasversali, mi arriva da Nizza e dalla sua Aquila.

Qualche giorno fa era di grande attualità il divieto della Ligue di fare planare l’Aquila sul nostro nuovo stadio Alliaz Riviera, orgoglio di Estrosi e di tutti i tifosi del Nizza, prima dell’inizio degli incontri.

Un vero e proprio sollevamento popolare si è prodotto fra il Var ed il Paillon, un gruppo Facebook, con migliaia di membri, si è immediatamente costituito.

I Nizzardi hanno avuto un rigurgito d’orgoglio campanilistico e si sono mobilitati in massa per permettere ad un aquila di volare qualche secondo. Tutti insieme. All’improvviso, le appartenze etnico-religiose, le provenienze geografiche, sono azzerate. Nissa la Bella viene cantata con le lacrime agli occhi da Nizzardi d’origine e di adozione, tutti uniti verso l’obbiettivo.

Questa rivolta nizzarda, che, per leggera che possa apparire, non è priva di una certa poesia, è un esempio abbastanza eloquente di come una causa comune – rappresentata qui dall’aquila ignara della tempesta mediatica che sta scatenando – puo’ fare sollevare le volontà ed i pugni al cielo.

Un fermo immagine sull’identità nizzarda, dunque sull’identità francese. E’ stato sufficiente impedire il volo di un’aquila perché i Nizzardi si ritrovassero fra loro.

E se ubriacare le masse somminstrando loro dei concetti come identità nazionale nell’accezione di  carattere permanente e fondamentale di qualcuno, di un gruppo che fa la sua individualità nuocesse gravemente a quella di rapporto presentato fra due o più esseri o cose che hanno una similitudine perfetta, per esempio d’intenti?

Il 1789 è decisamente troppo lontano.

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